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Quando il finocchio incontrò il salmone

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’erano una volta un salmone e un finocchio. No, un attimo, riavvolgiamo il nastro. Questa non   una fiaba, ma la storia vera nata dalla desolazione di un frigo apparentemente come tanti, ma che come tanti non lo era affatto, perch  io credevo che quel frigo avesse un’anima, come tutto, compresi i suoi curiosi abitanti. Quando c’erano.

Il mio frigo era un condominio strano, popolato da esseri nomadi, che andavano e venivano con la velocità di un sogno fatto a prima mattina che   così rapido e spesso confusionario, che a stento lo ricordi e dopo mezz’ora, tempo di fare colazione, l’hai gi  sicuramente dimenticato.

Certo, da un frigo non si può mica pretendere continuità e coerenza, ma il mio non ne aveva neanche un minimo, n  nella scelta degli alimenti, n  nella loro presenza.

Quindi, ricapitolando, c’erano un salmone e un finocchio. Li avevo lasciati l  soli una mattina che dovevo scappare in ufficio, come al solito. Con loro neanche uno spicchio di mela o un brik di latte aperto, che ne so, un po’ di pangrattato o un limone rinsecchito. Nulla. Il deserto dei Tartari a confronto era un’oasi di benessere.

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Li avevo sospesi l  con la promessa, valida solo nella mia testa, che avrei portato loro dei compagni validi per dare un po’ di compagnia.

Che ne so, al finocchio avrei portato un po’ di guanciale, di quello buono da far sfrigolare in padella con il grasso succulento e colante e al salmone avrei portato una bella zucchina per farci un piatto troppo anni Ottanta, tipo i gamberetti in salsa rosa o il prosciutto crudo con il melone.

Scappai in ufficio con tutte queste buone intenzioni che neanche un bimbo di sette anni in prossimit  delle vacanze di Natale avrebbe sentito cos  forti e pure avrebbe sentito dentro di s .

Ed ecco che, nel giro di soli pochi minuti fui avvolta nel vortice capitalista che accomuna tutti i consulenti con partita iva. E, intanto, lontano da me, il finocchio e il salmone stavano confabulando con l’universo qualcosa che poteva salvarmi dalla totale mancanza di tempo e dalla disattenzione che spesso riservavo al mio palato e al mio stomaco.

Quella giornata fu, come spesso accade, devastante. Tornai a casa, a pezzi e priva di qualsiasi voglia di andare a fare la spesa. Ordinare una pizza o un delivery rappresentavano l’ultimo baluardo di salvezza. Idee a zero, la testa in palla e la voglia di non pensare a nulla se non a come sopravvivere ad un’altra serata sul divano. Mi stesi. Iniziai a contemplare il soffitto e improvvisamente un morso allo stomaco.

Fame.

Qualcosa mi condusse verso il frigo e iniziai a guardarlo come un figo urbano con lo sguardo maledetto e la faccia angelica. Intanto nella tua mente la voglia di tutto, di salato e delicato, di sapore e contrasto.

Ma ricordi che il frigo   vuoto, un figo che non balla.

Lo aprii, mossa da piet .

Il finocchio e il salmone, l  in bella vista.

In dispensa solo un pacco di fusilli integrali a met . Li osservi e ci pensi. Li fissi in cerca di una risposta. Immagini il sapore del finocchio, dolce, delicato, pacifico, mescolato a quello del salmone, cos  forte, a tratti quasi arrogante che sul palato   una bomba nel campo minato della fame.

Forse non   una cattiva idea farli incontrare sul serio, lontani dal freddo polare del frigo e pi  vicini al clima tropicale di una wok.

Iniziai a sfilettare il salmone, almeno lui era affumicato, e lo misi nella wok per donargli quel colore rosato come alcune spiagge di posti lontani. Lasciai che il wok si prendesse parte di quel sapore esotico e trasferii il salmone in un piatto.

La wok non desiderava essere ripulita, ma solo accogliere un altro amante, il finocchio. Tagliato a listarelle sottili, in qualche minuto si sarebbe ammorbidito e avrebbe anche assorbito il gusto del salmone.

Aggiunsi dell’olio evo, un pochino di sale e pepe, polvere di zenzero. Una volta cotto il finocchio ne feci una crema con l’aiuto del cavaliere frullatore. Lasciai la crema a riposare nella wok e aggiunsi il salmone, affinch  i sapori si incontrassero e mescolassero ben bene.

Gli opposti si attraggono, ma solo quando si incastrano bene diventano qualcosa di nuovo e speciale.

E infatti i fusilli scolati e ripassati in quella crema, impiattati con ancora un po’ di polvere di zenzero e olio fresco, furono il miglior orgasmo che avrei potuto chiedere all’universo quella sera.

post scriptum

 

Non   facile amare.

Nel senso che l’amore   spesso una spina nel fianco. Te lo immagini a stare con qualcuno che non conosci? Avere il pensiero che l’altro stia bene. Preoccuparti se non ti risponde, se ha problemi di qualsiasi natura. Amare

l’altro come se fosse un braccio tuo, un occhio tuo. Insomma, ma che storia  ? Lasciare che un perfetto estraneo

diventi parte della tua vita e una parte pure importante.

Che presa per il culo assurda.

Eppure ci cadiamo.

E ti vorresti prendere a schiaffi, vorresti mandarlo a quel paese quando ti fa incazzare. Eppure non riesci a

portarlo sulle palle.

Perch  lo ami. E si badi bene: non ne sei innamorata, perch  l’innamoramento passa in fretta.

Lo ami proprio perch    lui. Con tutti quei difetti che in altri non ammetteresti mai, ma che in lui diventano i pezzi di un puzzle che guardi, cos , scomposto, talvolta assurdo e surreale che manco un’opera di Dal , mescolati a pregi che ne fanno un’opera unica.

Quella che ami.

E che hai una paura fottuta di guardare, verso cui cerchi di mettere un milione e mezzo di chilometri di distanza per timore di starci male. Ma sei umana anche tu, anche se fai la stronza.

E alla fine non te ne frega nulla di tutte ste robe, perch  nonostante tutto, ami, lo ami.

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